7 Luglio 2017

La ratio, a parere del Giudice delle leggi, è dovuta la fatto che la detassazione in esame ha lo scopo, evidente, di incentivare la produttività del lavoro, ma il suo oggetto è ben delimitato dal legislatore, che non lo collega a un generico miglioramento delle prestazioni dei lavoratori dipendenti, bensì all’erogazione di somme “correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegate ai risultati riferiti all’andamento economico o agli utili della impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale”. Questo preciso collegamento, richiesto dalle norme censurate, evoca la necessità di una stretta connessione tra l’agevolazione fiscale delle somme erogate ai lavoratori e l’esercizio da parte del datore di lavoro erogante di un’attività economica rivolta al mercato e diretta alla produzione di utili. Tramite l’agevolazione fiscale il legislatore intende quindi promuovere la competitività delle imprese nell’interesse generale. Poiché nella PA mancano obiettivi di miglioramento della competitività aziendale o di incremento della produzione di utili, si esclude in tale situazione la connotazione finalistica del regime di detassazione prospettata dal giudice a quo e, con essa, la paventata discriminazione.

Consulta la sentenza corte costituzionale 27 giugno 2017, n. 153.

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Modificato: 7 Luglio 2017